Parrocchia di Agno

Santi Giovanni Battista e Provino

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Il 24 dicembre u.s., con l’apertura della Porta Santa in san Pietro, papa Francesco ha dato inizio al Giubileo che ci accompagnerà lungo tutto questo 2025 e che ha come titolo: “Pellegrini di speranza”. Il vocabolo “giubileo” deriva dal termine ebraico yobel che significa corno d’ariete; giacché proprio tale corno era adoperato come tromba, il cui suono indicava a tutti l’inizio dell’anno giubilare. Il libro del Levitico è la fonte che ci avverte sulla portata dell’anno giubilare, anno per eccellenza di liberazione, che è al termine di sette settimane di anni: il cinquantesimo anno. «Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell’acclamazione; nel giorno dell’espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarate santo il cinquantesimo anno e proclamate la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia»(Levitico 25, 8-10). Citando il profeta Isaia, il vangelo secondo Luca descrive in questo modo anche la missione di Gesù: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19; cfr. Is 61,1-2). Queste parole di Gesù sono diventate anche azioni di liberazione e di conversione nella quotidianità dei suoi incontri e delle sue relazioni. Ma ha ancora senso indire oggi un Anno Santo, un Giubileo? Non è tutto questo roba del passato? Per rispondere a questa legittima domanda bisogna conoscere l’intenzione che sta alla base di questo anno speciale. E questo lo ha indicato papa Francesco nella Bolla d’indizione di questo Anno Santo, “Spes non confundit”. «Spes non confundit», “la speranza non delude”. La speranza è il messaggio centrale del prossimo Giubileo. Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza. La Parola di Dio ci aiuta a trovarne le ragioni. Lasciamoci condurre da quanto l’apostolo Paolo scrive ai cristiani di Roma. «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». La speranza nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce: «Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita». La speranza cristiana non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore». San Paolo è molto realista. Sa che la vita è fatta di gioie e di dolori, che l’amore viene messo alla prova quando aumentano le difficoltà e la speranza sembra crollare davanti alla sofferenza. Eppure scrive: «Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza». Ecco che per l’Apostolo le tribolazioni e la sofferenza portano a sviluppare una virtù strettamente imparentata con la speranza: la pazienza. Siamo ormai abituati a volere tutto e subito, in un mondo dove la fretta è diventata una costante. Non si ha più il tempo per incontrarsi e spesso anche nelle famiglie diventa difficile trovarsi insieme e parlare con calma. La pazienza è stata messa in fuga dalla fretta, recando un grave danno alle persone. Subentrano infatti l’insofferenza, il nervosismo, a volte la violenza gratuita, che generano insoddisfazione e chiusura. Riscoprire la pazienza fa tanto bene a sé e agli altri. Impariamo a chiedere spesso la grazia della pazienza, che è figlia della speranza e nello stesso tempo la sostiene. Il Giubileo, dunque, sarà un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio.

Carissimi, quanto bisogno abbiamo di speranza in questi tempi così poco rallegranti. E di quanta pazienza necessitiamo per affrontare situazioni non sempre ideali.

Benvenga, allora, un Anno speciale nel quale crescere in queste due virtù, magari passate di moda, ma così necessarie perché la vita di ciascuno di noi testimoni nella propria quotidianità la fiducia di sapere che la Storia dell’umanità è guidata dalla mano amorevole di Dio che scrive dritto sulle nostre righe storte e che per tutti e ciascuno ha solo un progetto d’amore.

don Massimo Braguglia